Step-In - Attacchi ad Aggancio Veloce

testo tratto da http://www.freestyler.it

Premettiamo una cosa: è innegabile che la cosidetta rivoluzione dello step-in nel mondo dello snowboard ha fallito. Infatti i riders hanno decretato la morte di praticamente tutti i sistemi step-in veri e propri, cioè dedicati ed incompatibili con gli attacchi classici, sopravvive solo il back-in di Flow, con notevole diffusione, che però ha dovuto rendersi al massimo compatibile con gli altri scarponi non-Flow presenti sul mercato, e qualche soluzione simile, come quelle proposte di recente da K2 (Chinch), Drake (gia` abbandonata), Ride (Contraband), e Decathlon. La descrizione che segue pertanto assume sempre di più un valore storico, più che attuale, gli step-in Burton, Switch, Clicker, S.i.s. sono scomparsi del tutto dai listini, e quelli presenti ancora nei negozi pertanto presenteranno domani probabili problemi nella reperibilità dei ricambi. Potremmo in ultima analisi dire che i riders hanno vinto sul marketing, stroncando un'idea con anche dei vantaggi, ma con molti problemi di universalità e compatibilità.

Come è noto, vi sono state nell'ultimo decennio diverse ditte che si sono lanciate nella sfida, elaborando ciascuna una propria soluzione. Peraltro, si sono così presentati ai potenziali acquirenti diversi sistemi, tutti incompatibili tra loro ed inoltre di prezzo, specie all’inizio, piuttosto sostenuto, comunque superiore all’insieme scarpa-attacco tradizionali: questo ha causato una diffusione piuttosto lenta dello step-in, e negli ultimi anni l'inizio della fine, almeno qui in Europa, dello step-in dedicato.
Vi è stata in parallelo la comparsa di alcuni sistemi di aggancio veloce non propriamente definibili step-in, che presentavano discrete e talvolta buone caratteristiche di rapidità, unite peraltro ad apprezzabili caratteristiche di assoluta compatibilità con gli scarponi tradizionali, spesso già in possesso del rider che si rivolge al mondo step-in.

Qui di seguito si cercheranno di valutare, criticamente, i principali sistemi di aggancio rapido: si parlerà prima velocemente dei sistemi di aggancio veloce in senso ampio (back-in e altri sistemi veloci) e poi dei veri e propri sistemi step-in. In particolare ci si soffermerà su alcune caratteristiche, quali la compatibilità, l'effettiva velocità, la sicurezza dell’aggancio. Siccome, peraltro, ad ogni sistema corrispondono normalmente una o al massimo due marche, sarà inevitabile “fare i nomi”; senza che ciò abbia un valore di critica verso le stesse, essendo anzi ogni giudizio suscettibile a sua volta di critica e nonchè di modifica in base alle successive evoluzioni della tecnica.

SISTEMI DI AGGANCIO VELOCE

Sono sistemi in cui si è cercato di realizzare una velocizzazione più o meno marcata dell’aggancio, senza però modificare in alcun modo lo scarpone soft, ma intervenendo in misura più o meno marcata su alcuni elementi dell'attacco. Non hanno, come detto sopra, la stessa velocità degli step-in veri e propri, ma presentano una compatibilità pressoché assoluta fra attacchi e scarponi, presentando quindi aspetti di versatilità che la specializzazione degli step-in limitano.
Va osservato, peraltro, che il perfezionarsi degli elementi dell'attacco tradizionale, col raggiungimento di un'altissima efficacia e di una buona rapidità sia nell'aggancio che ancor di più nello sgancio ha, oggi come oggi, tolto molti dei vantaggi di questi sistemi "intermedi", decretando la lenta ma progressiva sparizione di molti di essi, perlomeno di quelli che non presentavano un vantaggio notevole in termini di rapidità. Pero' le case di attacchi, alla ricerca della novita' sensazionale per farsi notare dai rider, di tanto in tanto immettono sul mercato un nuovo sistema di attacco veloce; poi bisogna vedere quanto tempo dura...

FLOW
Sicuramente fra i sistemi di aggancio veloce il primo posto va al sistema Flow; questo comporta che probabilmente sia l'unico che ha mantenuto il passo da un lato con l'efficienza degli attuali attacchi classici, dall'altro con l'indubbia comodità degli step-in. Ciò per il buon successo ottenuto, in termini di diffusione e quindi di vendite, negli ultimi anni.
L’attacco Flow è composto da uno spoiler reclinabile ed un fascione unico sostitutivo delle due strap e anatomicamente conformato, per quanto negli ultimi anni Flow lo abbia progressivemente assottigliato al centro per renderlo di fatto molto simile alle due straps tradizionali, solo connesse a meta'; ed inoltre ha inserito su tutti i modelli di gamma media ed alta quattro o almeno due cricchetti per poter regolare micrometricamente la pressione come su un attacco normale. L’aggancio avviene mediante l’inserimento dello scarpone da dietro ed il sollevamento dello spoiler che viene premuto sul back dello scarpone dall’azione combinata di una leva e un cavo metallico. Il sistema è abbastanza rapido ed efficace e presenta il vantaggio di essere compatibile con molti se non tutti gli scarponi soft in commercio (è sempre meglio verificare caso per caso); è in sostanza un vero attacco soft, adattissimo anche al freestyle. Ha inoltre subito degli indubbi miglioramenti negli ultimi anni, specie nello shape del fascione e nell’aggancio posteriore, passato da straps in cordura ad, appunto, un cavo metallico. Vi è poi stato il passaggio dalla struttura metallica a quella plastica, anche se oggi pare tornare in auge anche la struttura metallica nei costosi modelli di punta.
E’ quindi la scelta ideale, grazie alla sua compatibilità pressoché assoluta, per chi possieda già altre tavole con altri attacchi ma voglia egualmente un sistema veloce e comodo di aggancio.
Per contro, l’attacco stesso è forse un po' piu` ingombrante nel trasporto (per chi porta la tavola sopra il tetto dell’auto è consigliabile mollare le racket bands da un lato o quelle sulla caviglia e far aderire lo spoiler alla base inclinandolo in avanti, e richiudendogli sopra il fascione), e richiede un minimo di iniziale taratura del fascione.
Per la particolare conformazione di tutti i back-in, si calza piu' facilmente in piano: l'entrata da dietro su un pendio con la lamina front appoggiata è sì teoricamente possibile, ma piu' complessae potrebbe non realizzare una chiusura sulla caviglia abbastanza forte, specie per chi desideri un deciso contenimento del tallone; si tende, infatti, in quella posizione, a tenere leggermente sollevato il tallone e pertanto per chiudere l'highback si necessita di una forza maggiore se il fascione è pre-settato stretto. Inoltre, conseguenza della struttura di un back-in, va prestata un po’ di attenzione all’entrata dei cancelletti degli impianti di risalita, dove l’highback reclinato, sporgendo all'infuori dalla lamina back, può facilmente andare a sbattere, anche violentemente, contro sbarre metalliche, con rischi di danneggiamento dell’attacco. Va inoltre verificata, per i burtoniani, che la compatibilità col sistema 3D - fino al '99 prevista con apposito disco da ordinare a parte, mentre oggi viene fornito un disco multistandard - non limiti troppo l'efficacia in termini di microregolazione del passo.
Qualche piccola pecca si è riscontrata in passato nella solidità delle strap dentate di aggancio al fascione; in particolare, per evitare di solleciutarle in modo eccessivo, in caso di presenza di neve sulla base, si consiglia di dare con la mano una veloce pulita, evitando che lo spessore così creatosi porti a forzare la chiusura dell’attacco, con tensione molto forte sulle “rackets” all’altezza della caviglia e conseguente rischio di rotture. Va detto che, come accennato sopra, nelle ultime versioni però è stato introdotto un rilevante miglioramento, cioè sono stati aggiunti dei cricchetti sul fascione al posto dei semplici blocchi, dando pertanto a tutti la possibilità di microregolare l'attacco come per quelli tradizionali. In ultima analisi pero' alcuni problemi sulle versionI di punta NXT che hanno decretato il ritorno al metallico hanno un po offuscato un sistem che di per se' nasce da un'idea semplice ed efficacissima. Ultima cosa, per l'utilizzo su una tavola divisibile da backcountry (v. apposito articolo) il sistema flow potrebbe avere notevoli vantaggi rispetto ad un attacco tradizionale, semplicemente aggiungendo una strap elementare  dietro il tallone ad attacco aperto, o ancor di piu' facendo funzionare il flowback come un gambaletto con terza strap (il che necessiterebbe di sostituire i perni con dei veri cuscinetti a sfere). Ma finora non pare che la cosa sia stata notata o propagandata dalla casa stessa.


CROCODILE (Fritschi)
Era un tipo di attacco rapido di concezione particolare e diversa da un back-in, che non ha avuto grossa diffusione, commercializzato anche dalla Palmer col nome di Speed Trap, consistente in un meccanismo che collega strap anteriore e posteriore con delle staffe laterali e un “sopra-archetto” rigido sulla strap alla caviglia. L’apertura e la chiusura sono azionate spingendo e tirando quest’ultimo elemento, per cui sembra un po’ che si apra la bocca di un coccodrillo, e da qui il nome. E’ sostanzialmente un sistema di accelerazione delle procedure di chiusura di un attacco convenzionale, di minor rapidità rispetto al Flow; evita però del tutto le difficoltà di inserimento delle cinghiette dentate nei recettori degli attacchi tradizionali. Ha peraltro, almeno nella versione top in metallo, una struttura alquanto solida, e fornisce un supporto ed una chiusura adatti anche al freeride in pista. Per contro, aumentando l’inclinazione degli spoilers, si riduce lo spazio utile per l’inserimento dello scarpone, rendendo un po’ più difficile l’operazione, in particolare con scarponi soft sostenuti e scarsamente flessibili all’indietro. Inoltre, difficilmente con la semplice pressione del sopra-archetto si ottiene una ritenzione della caviglia soddisfacente, essendo necessario pompare sui cricchetti ai lati della strap posteriore, posti a mo’, se si può’ dire, di orecchie di elefante, cricchetti, peraltro, diversi e di ben minor efficacia rispetto agli attuali "pompanti". Di sicuro minor pregio le versioni economiche senza archetto posteriore; migliorabile inoltre la insufficiente rigidità delle cinghie dentate alla caviglia che funzionano come rotaie per la staffa di chiusura.
In conclusione diremmo che presenta una certa rapidità nell'uscita, ma che stenta a reggere l'efficacia degli attuali attacchi soft classici; inserendo nella struttura, non senza difficoltà, degli attuali cricchetti pompanti potrebbe essere riscoperto e rimesso in produzione.  Da rilevare che in utilizzo freeride avrebbe il vantaggio di permettere in caso di emergenza una rapidissima uscita del piede ovvero un rapidissimo rilascio della tavola (per esempio in caso di valanga o slavina)
Oggi è rinvenibile con difficoltà solo nel mercato dell'usato, nel qual caso meglio orientarsi sulle versioni metalliche o quantomeno dotate di archetto. A testimonianza del fatto che il sistema in se non era una cattiva idea, K2 ha introdotto di recente una versione simile di attacco con un diverso nome e co l'introduzion di un cavo metallico di serraggio, ma sostanzialmente di funzionamento simile.

CINCH (K2)
Nuovissimo sistema introdotto da K2 da un paio di anni (2005), anche se in realta' pare una rielaborazione di un paio di sistemi sperimentati. In sostanza prevede l'abbassamento dello spoiler posteriore con una leva, che pero abbatte parte dell'archetto, in questo differenziandosi almeno formalmente da Flow, e nel far questo alza la strap della caviglia e in parte anche quella della punta, con un meccanismo che nella leva richiama il sopradescritto Crocodile e in parte alcuni del passato come il Nidecker back-in. Non sembra finora abbia avuto una risonanza e un successo particolari. Presente pero' l'indubbio vantaggio di poter essere usato effettivamente sia come un attacco tradizionale che come un back-in tipo Flow.


ALTRI SISTEMI
Come appena visto, ogni tanto riappaiono nuovi tentativi di velocizzazione del sistema soft, ormai con peraltro il prerequisito di mantenere l'universalità del classico attacco a gabbia. In passato vi erano altri sistemi che si richiamavano, con pregi e difetti conseguenti, a quelli sopra elencati. C'era il Nidecker Back-in, oppure, fino al 2000, il Tube della Proflex, con fascione alla Flow ma entrata come il Crocodile, che sommava pregi, ma anche difetti di entrambi i sistemi; Ups e Fin’s erano dei classici back-in con sollevamento dello spoiler, la cui efficacia “di spinta” dello scarpone all’interno dell’attacco e la velocità del serraggio supplementare della strap sulla caviglia erano tutti da verificare nell'utilizzo pratico. Oggi sono tutti sistemi che appaiono e scompaiono solo nei mercatini dell'usato e su e-bay.

Invece qualche nuovo sistema aveva proposto di recente l'idea particolare della gabbia che resta attaccata allo scarpone, staccandosi da un disco automatico fissato sulla tavola; costruzione strana e antiestetica al massimo, ma che almeno presentava velocità di aggancio insieme a totale universalità, ma il successo è stato nullo; l'idea, ma ad altri fini, sopravvive nel meccanismo di aggancio e sgancio dell'attacco nelle tavole divisibili anche chiamate splitboard, nelle quali l'attacco si trasfoma anche nella base che segue il piede nella salita sui due sci che compongono la tavola.

STEP-IN (in senso stretto)
Premettiamo nuovamente che ormai la storia dello step-in dedicato pare ormai giunta al termine, per cui queste descrizioni assumono sempre più un valore storico.
Vediamoli: erano connotati da una scarpa soft modificata nella struttura interna ed esteriore con appositi dispositivi atti a collegarla in modo rapido ad una base apposita e dedicata, con sistemi di ganci ed innesti relativi. Ogni sistema si presentava compatibile solo all’interno di se stesso e scarsa era la compatibilità anche verso gli elementi del sistema di aggancio tradizionale: lo scarpone step-in era ed è talvolta utilizzabile su un attacco tradizionale, ma normalmente solo con difficoltà e previ particolari adattamenti od operazioni, mentre uno scarpone tradizionale non può mai essere utilizzato con un attacco step-in.
In particolare, sulla maggior parte degli scarponi soft step-in era presente sulla caviglia una vera e propria strap dentata con relativo cricchetto, del tutto identica a quella presente sugli attacchi tradizionali, il che, se garantisce un’ottima ritenzione del tallone, rende la stessa difficilmente sovrapponibile dalla simile strap presente sugli attacchi soft nell’eventualità che si voglia usare una tavola diversa dalla propria con attacchi tradizionali, salvo possibilità, non proprio immediata, di svitarla, laddove, come peraltro nella maggior parte dei casi, sia connessa con una vite al corpo dello scarpone; oltre all’ancor più rilevante problema dell’ingombro dei meccanismi di aggancio soto e ai lati della suola, e talvolta di quelli laterali e posteriori di regolazione dell’inclinazione, che in molti casi impediscono fisicamente l’inserimento dello scarpone step-in nelle basi tradizionali (Switch e Sis Emery, per esempio), (sempre ulteriormente salve le possibilità di svitaggio degli stessi, dove possibile...).
Altro problema, riguardante gli step-in senza spoiler, era quello della regolazione dell’inclinazione posteriore: spesso assente o fornita come optional sotto forma, talvolta, di sistemi di canting da inserire sotto la base, con effetto simile al sollevamento del tacco nell’hard, che può essere gradito o meno a seconda dei gusti. Questa assenza può essere indifferente per taluno, piuttosto fastidiosa per altri, specie per chi usa abitualmente una maggiore inclinazione sull’attacco posteriore.
Molto discusse erano “le sensazioni” che puo` dare uno step-in, se siano o meno simili a quelle che può dare un sistema soft tradizionale. E non è cosa di poco conto, perché è proprio il “surf-feeling” del soft che ha fatto convertire molti ex sciatori in riders accaniti...
Certo va detto poi che sì è notato che neve fresca e ghiaccio sono elementi che - interponendosi fra suola e meccanismo ricevente - possono mettere in crisi la velocità ed efficacia del sistema.
Va anche qui ripetuto che l'alta efficienza raggiunta oggi dagli attacchi classici, con l'eliminazione di tutti i piccoli problemi "storici" sopra accennati, ha in pratica messo fuori mercato gli step-in. Un'ultima nota prima di passare all'esame dei singoli sistemi: la necessaria rigidità del boot delle versioni senza spoiler viene avvertita come controproducente enl caso di utilizzo backcountry del sistema, limitando i movimenti di piegamento che invece il softboot tradizionale favorisce (spoiler permettendo...).

CLICKER (K2-Shimano)
Questo sistema è stato per anni il più diffuso e conosciuto, almeno in Europa. Dalla stagione ‘98-’99 veniva proposto in due versioni, compatibili fra loro, una senza spoiler esterno ed una con spoiler posizionato sull’attacco; compatibilità che poi, però, va verificata in relazione al tipo di scarpone scelto, in quanto, se da una parte alcuni modelli per l'attacco senza spoiler presentano sovrastrutture e regolazioni posteriori che, di fatto, li rendono incompatibili con uno spoiler, per converso alcuni boot previsti per il sistema "HB" (=highback) con spoiler non hanno il sostegno necessario per essere usati sull'attacco senza spoiler. Storicamente, è stato sviluppato a partire dal sistema di aggancio delle scarpe da ciclismo ai pedali della bicicletta della Shimano, ricalcandone fedelmente le caratteristiche. E’ composto da due elementi metallici di aggancio posti sotto la suola dello scarpone, uno sperone posto sotto la suola in posizione avanzata ed un aggancio a ponticello posto il tallone; corrispondentemente sull’attacco c’è il recettore dello sperone in punta e un gancio con molla che blocca il ponticello posteriore. L’aggancio avviene infilando lo sperone di punta e premendo giù il tacco, mentre lo sgancio tirando la leva posta lateralmente alla base che sblocca il meccanismo posteriore. Ottima la presenza di una veloce “sicura” contro trazioni accidentali, che si ottiene ruotando di 90° la testa della leva, che così si va ad "incastrare" sotto una sporgenza dell'attacco. Ecco, senza togliere nulla alla sua efficacia, forse il fatto che detto sistema fosse originariamente stato concepito in funzione di un utilizzo ed in previsione di sforzi e trazioni completamente diversi (ciclismo) lasciava talvolta qualche piccolo dubbio sul sistema Clicker. Mi spiego: una cosa è agganciare un pedale che intorno ha il vuoto e difficilmente e coperto e nascosto da una crosta di neve, una cosa è individuare un innesto su una superficie piana, senza alcun riferimento, spesso tentando di indovinare dov'è esattamente sotto lo strato sottile di neve che copre lo snowboard. Va detto che due semplici ma accentuati rilievi ai margini laterali delle basi possono in gran parte risolvere il problema ed infatti sono stati inseriti su alcuni recenti modelli. Inoltre, solo il tempo potrà dimostrare se uno sperone di alcuni millimetri d’acciaio potrà resistere per anni a torsioni e trazioni violente, nonché all’usura di un contatto continuo metallo-metallo, cose che sui pedali di una bicicletta non sono previsti (problema che, comunque, in parte riguarda praticamente tutti gli step-in). Da rilevare comunque che detti elementi sono svitabili e sostituibili agevolmente, ricambi e disponibilità degli stessi permettendo... Detto questo, va invece riconosciuto che, con un po’ di pratica (e magari appunto posizionando delle barre in rilievo di riferimento ai lati dell’attacco -posteriore- sulla tavola, ove non previsti come in alcune nuove versioni), la comodità di avere un aggancio che permetta di “calzare” la tavola senza nemmeno chinarsi rappresenta sicuramente un elemento non di poco conto per molte categorie di riders. In particolare (e questo vale per ogni step-in) in caso di falsipiani è in teoria possibile imparare ad agganciarsi senza dover interrompere la spinta-skate e sedersi, cosa invece indispensabile con gli attacchi tradizionali. Vi è poi il lato dell’aspetto, sicuramente notevole, in quanto sembra davvero che il rider abbia i piedi semplicemente appoggiati alla tavola, con un aspetto “very surfing” per chi osserva. Di rilievo, inoltre, la compatibilità diretta ed immediata 4X4-3D con lo stesso disco, anche se prevista con dischi di tipologia differente a seconda dei modelli e la notevole leggerezza del sistema. Discorso a parte merita la versione con lo spoiler, peraltro più cara, che dovrebbe eliminare gran parte dei problemi di posizionamento sopra elencati e permettere l’inclinazione frontale senza adoperare i previsti sistemi di canting simil hard sotto l’attacco (che peraltro possono essere preferibili per taluno), pur non avendo peraltro l'aspetto "low-profile" della versione senza spoiler. Da verificare è la facilità di aggancio che, se facilitata di molto nel centramento laterale del piede dai fianchetti che corrono dallo spoiler, può invece presentare qualche problema nel fatto che si tratta pur sempre di un sistema concepito per un’entrata dall’alto e da dietro, dove invece adesso... c’è lo spoiler!
Un'ultima notazione: la presenza degli elementi di aggancio sotto la suola può creare qualche problema nell'utilizzo backcountry su terreno prevalentemente roccioso, potendosi avere un critico consumo degli stessi.

SWITCH
Presentava un progetto pensato sin dall’inizio per lo snowboard, senza derivazioni da altri sport. E’, in breve, composto da una sorta di quadrilatero metallico avvitato sotto la suola, o talvolta parzialmente integrato ad essa, di cui due lati sporgono lateralmente rispetto agli scarponi; rispetto a queste sporgenze vi sono i relativi incastri sulle basi dell’attacco. L’aggancio avviene con il posizionamento del lato interno del quadrilatero nei relativi incastri posti sulla base e la pressione, con un leggero movimento rotativo dall'alto, verso il basso del lato esterno, che fa scattare la leva di blocco; oltretutto è prevista una doppia posizione di blocco, utile per agganciare lo step-in anche in presenza di un po' di neve sotto lo scarpone; la stessa poi fuoriuscirà nel riding e automaticamente s'instaurerà il blocco più "interno". E’ un po’ uno step-in “4x4”, con notevoli doti di tenuta in tutti i sensi e a tutte le sollecitazioni; la sua solida costruzione lascia indubbiamente presagire una notevole durata. Veniva ritenuto il sistema step-in più performante in assoluto, almeno per il freeride. Per contro, è certamente meno low-profile rispetto al sistema Clicker, ed inoltre, visti gli ingombri laterali, difficilmente lo scarpone può essere utilizzato su un attacco tradizionale, anche riuscendo ad eliminare la strap malleolare, a meno di non svitare il quadrilatero inferiore (nei modelli in cui non è fuso nella suola, ovviamente…), o forse, di interporre un apposito e spesso pad. Da verificare è poi l’ingombro nell’utilizzo dello scarpone nei momenti collaterali allo snow (entrata nei rifugi, per esempio... attenti agli stipiti...).

S.I.S. (Emery)
Lo step-in “francese” ha goduto di un certo successo, diffuso da alcuni grossi marchi transalpini e favorito anche da un prezzo complessivo mediamente un po’ inferiore alla concorrenza. E’ composto di un semplice ma grosso perno trasversale fisso che fuoriesce ai lati dello scarpone più o meno a metà dello stesso, con relativi agganci sulla base che funge da attacco e leva sulla stessa per lo sblocco. L’aggancio avviene con la semplice pressione dall’alto verso il basso dello scarpone, cosa assolutamente facile ed immediata nella versione con lo spoiler sulla base, la più diffusa; forse leggermente meno in quella senza, specie in caso di presenza di abbondante neve sulla tavola, ma sempre, va detto, a livelli superiori rispetto ad altri simili sistemi.  E' inoltre pensato per tollerare la presenza di un po' di neve incrostata sulla base, che viene poi progressivamente espulsa, cosa che lo rende più veloce rispetto ai sistemi che necessitano della previa "pulitina". Va pero` rilevato che la versione ’98-‘99 avava dato alcuni problemi di timori di non corretto aggancio, causato dallo shape della leva di sblocco, in quanto è stata soggetta via internet ad un richiamo per modifiche presso la casa-madre. Come Switch, la compatibilità immediata con un attacco tradizionale appare assente, sempre a meno di non mettersi a svitare il sottosuola con i perni o mettere il solito pad. Inoltre, se l’aggancio è forse il più rapido, il posizionamento dei perni laterali e solo centrali potrebbe lasciare qualche dubbio sul bloccaggio totale dello scarpone rispetto a torsioni e sollevamenti della punta, che dunque viene affidato principalmente alla necessaria assoluta rigidità della suola; per di più, l’usura dei perni o qualche shock violento potrebbero in teoria portare negli anni, qualora non si curassero periodiche verifiche, a rotture più facilmente di altri sistemi, essendo la sicurezza del rider affidata a soli due elementi metallici non contrapposti, come invece per Clicker; va però osservato che gli stessi sono di dimensioni alquanto notevoli, e di apparente ottima solidità. Proprio le dimensioni impongono anche per sis un npo' di attenzione nell'uso collaterale degli scaponi stessi. Risulta peraltro sempre possibile la sostituibilità dei perni, collegati ad una basetta fissata sotto la suola con delle viti; sempre salva la reperibilità del ricambio, ovviamente.

S.I. (Burton)
Era un sistema presentato dopo i diversi altri, evidentemente dopo un’attenta osservazione di pregi e difetti dei modelli delle altre marche; ciò non ha purtroppo impedito che si commettesse qualche errore di gioventù, cosa che ha spinto anche questa casa a diramare via internet un comunicato di richiamo per una delle primissime serie. Concettualmente presentava quattro incavi posti lateralmente allo scarpone, due per parte, a cui si agganciano quattro sporgenze poste sull’attacco. L’attacco è sempre provvisto di spoiler e sembra molto simile ad un attacco classico della casa. L’aggancio avviene premendo il piede semplicemente dall’alto verso il basso, previa prealtro la precarica del meccanismo (cosa non comodissima), mentre lo sgancio avviene mediante la trazione di una delle due leve laterali esterne. Di positivo ha che il concetto vuole riprendere la solidità dell’aggancio Switch senza i suoi ingombri, non ha niente sotto la suola per mantenere le sensazioni di un vero soft, e la scarpa, non avendo sporgenze laterali, è teoricamente utilizzabile anche su attacchi convenzionali (sempre a patto di asportare o sostituire la strap malleolare e verificando gli effettivi ingombri). Essendo poi costruito senza l'incastro di elementi metallici, viene pubblicizzato come il meno soggetto a vibrazioni ed eventuali futuri lascamenti. Voci contrastanti si erano peraltro inizialmente sentite sulla velocità e solidità dell’aggancio in caso di incrostazioni di neve. Non esiste, a differenza degli altri sistemi la versione senza spoiler, questo per una scelta filosofica di Burton.

INTEC (Blacs, Ups)
Sicuramente il sistema in assoluto più low profile, derivazione dalla diffusissima versione per l’hard, quest’ultima veramente “leader di mercato”, come si suol dire; paga peraltro forse un po’ proprio questa derivazione, e quindi la mancanza di un progetto originale per il soft. Il sistema è composto da una basetta elementare con due flange metalliche autocentranti che sporgono verso l'alto, provviste di due fori centrali; negli stessi vanno ad infilarsi due pioli posti ai lati dello scarpone, in posizione centrale. L’aggancio avviene premendo dall’alto al basso, lo sgancio tirando - particolare assai pregevole - il tirante che esce in cima allo scarpone, quindi senza quasi chinarsi; da verificare in questa fase l'individuabilità delle piccole flange della base in presenza di neve abbondante sulla tavola. L’aspetto del rider che utilizzava la versione senza spoiler era veramente quello di una persona che fa snowboard con i piedi solo appoggiati alla tavola. Lo scarpone poi, a parte i soliti problemi con il cricchetto della strap malleolare, è privo di sporgenze laterali che escano dalla sagoma della suola e pertanto può, almeno in teoria, essere utilizzato anche su un attacco convenzionale; sempre a patto dell'asportabilità della strap sulla caviglia, cosa che purtroppo in alcuni modelli Intec-compatibili è apparsa impossibile, non essendo la stessa collegata al corpo del boot con una vite. Per converso, come tutti i sistemi che prevedono un aggancio laterale e solo centrale, la prontezza di risposta nei cambi di lamina front-back è demandata alla assoluta rigidità della suola dello scarpone, caratteristica che, almeno all'inizio, non era risultata omogenea in tutte le marche che avevano adottato questo sistema. Va aggiunto infine che almeno i Germania ancora gira nel mercato dell'usato o del nuovo ex magazzino negozi, e siccome i pezzi dovrebbero essere sostanzialmente identici al tutt'ora prodotto e di successo Intec per l'hard, in alcuni casi e per alcune esigenze potrebbe rivelarsi un acquisto conveniente.

ARCANE (Quicksilver)
Era forse la proposta più innovativa, ma il più sconosciuto, in quanto la distribuzione è stata scarsissima, almeno qui in Italia. A differenza di tutti gli altri sistemi, non presentava veri e propri leveraggi, ma era composto da due flange semicirolari sulla base e due incavi corrispondenti sotto lo scarpone. E’ stato detto che ricalcava il sistema di innesto degli obiettivi alle macchine fotografiche. La pulizia del suo design e l'assenza di parti in movimento rappresentano sicuramente un elemento di assoluto fascino e distinzione del sistema rispetto a tutti gli altri; dal 2000 poi la base presentava la foratura compatibile anche con il 3D di Burton. L’inserimento avviene appoggiando il piede, poniamo posteriore, girato verso l’indietro e poi ruotandolo verso l’avanti fino al click di un pioletto posto al centro della scanalatura nell’apposita sede al centro della flangia; è oltretutto assolutamente simmetrico e reversibile, oltre che autopulente. Ha il vantaggio che nessuna parte mobile è sottoposta a trazione, e che le superfici che invece subiscono le dette trazioni nel riding sono ampie e oltretutto contrapposte nel riding e con un po’ di pratica, è forse il sistema in cui dovrebbe essere più facile un aggancio in movimento, sempre a patto di non avere problemi congeniti o acquisiti con la rotazione laterale del ginocchio, che invero, nel sistema è richiesta in misura un po' accentuata, circa 90°. Peraltro, il sistema di blocco finale della rotazione a pioletto richiede un test in caso di ghiaccio, ed in ogni caso è un peccato che sia stato accompagnato dal posizionamento di una minuscola e scomoda levetta posta all’altezza del tacco nel lato esterno dello scarpone, che costringe a piegarsi e che oltretutto potrebbe creare insolubili problemi di incompatibilità con gli archetti degli attacchi tradizionali, piuttosto che ad un sistema a sgancio a trazione dall’alto dello scarpone, tipo quello adottato sul sistema Intec. Parallelamente poi a simili problemi interessanti le macchine fotografiche reflex a cui si ispira, qualche piccola perplessità in relazione all’usura nel tempo la solleva il fatto che l’incavo è in materiali plastici, mentre la flangia sull’attacco è in metallo; questo anche in relazione ai notevoli attriti che il sistema comporta, e alla apparente impossibilità di sostituire le corsie di innesto nella suola.
Comunque e` da tempo scomparso del tutto dai listini e anche dal mercato dell'usato, ed e`, per chi scrive, un vero peccato.

ALTRI SISTEMI
Fino alla fine dello scorso decennio non passava anno che non vedesse comparire una o due nuove proposte sul mercato. Invece, specie l'ultimo anno, una serie di acquisizioni industriali e forse il logico prevale di alcuni sistemi su altri meno diffusi, ha portato alla sparizione degli step-in Marker, Device, Morrow, Scott con la sua semplificazione di Arcane, Askew, e il discusso Salomon monolaterale. Oppure c'era la versione soft di Snowpro Fast, sistema speculare all’Intec con pioli sull’attacco invece che sulla scarpa. C’era il Drake Face, simile se si vuole al Burton e al Marker, oppure l’originale Berger 360° ad angolo libero. Di recente era comparso un sitema Head (ex Blax), oppure uno originale dell'italianissima Askew, ma nessuno di essi ha avuto un successo apprezzabile, e sono tutti rapidamente scomparsi.

CONCLUSIONE
C'e` poco da dire. I tanti contro che superavano degli indubbi pro hanno fatto prima la fortuna di alcuni sistemi di aggancio veloce e oggi invece delle versioni più perfezionate dell'attacco classico, rispetto agli step-in veri e propri. La velocità di aggancio rimane minore, ma l’universalità e la versatilità superiore compensano spesso ampiamente la minor comodità.

E poi, bisogna riflettere: siamo sicuri che l’immediatezza dell’aggancio sia sempre un'esigenza indispensabile per tutti? Lo può essere per alcune categorie, come, per esempio per un maestro di snowboard o per un noleggio, vista la vantaggiosa centratura automatica al variare del numero di scarpone della maggioranza degli step-in (nelle versioni senza spoiler sull'attacco). Ma per un rider che percorre una lunga pista per 5-10 minuti, perdere una ventina di secondi per l’aggancio è sempre così drammatico ? E comunque, mai un sistema di aggancio deve pregiudicare sicurezza, efficacia, comfort e feeling nella discesa sull’altare di una maggior velocità dei soli brevi momenti di aggancio e sgancio ! Cosa che invece ha in passato sollevato dubbi e talvolta continua a sollevarne, almeno nel "si dice" dei riders comuni, ma anche dei pro'. Psicologicamente infatti, vedere le straps sopra il piede "davanti agli occhi", può ancora fare tutto un altro effetto rispetto ad affidarsi ad un, talvolta piccolo, meccanismo nascosto…
Forse queste ed altri simili constatazioni hanno decretato il fallimento degli step-in classici, fatta eccezione per l'universale Flow.